Covid 19 e il cambio di paradigma delle PMI
di Aniello Milano | pubblicato il 22 febbraio 2021
Quali step devono valutare? Come affrontare il passaggio generazionale?
Premesso che la prima reazione oggi è e deve essere fortemente ancorata alla proattività e resilienza per accettare quei cambiamenti dovuti all’impatto deflagrante della pandemia.
Prima del Covid19, molte imprese familiari si erano adoperate per incrementare strategie di crescita e sviluppo; oggi, invece, a causa dell’incertezza derivante dall’emergenza, le opportunità di crescita delle aziende di piccole dimensioni risiedono solo nella loro capacità di mostrarsi resilienti. In che modo? Puntando su nuovi asset, ampliando i propri confini di business, tracciando nuove strade di crescita e, in alcuni casi, accelerando il passaggio a modelli di business nuovi o desiderati prima del previsto.
Da sempre le PMI italiane sono rinomate in tutto il mondo per la qualità dei loro prodotti, vere e proprie eccellenze, ma tale qualità rimane spesso solo percepita e non fruita oltreoceano, in quanto suddetti prodotti non sono spesso “oggetto di processi di internazionalizzazione”.
Occasione da non perdere
Una delle strade principali da percorrere per il rilancio economico del nostro Paese è quella relativa alla fruizione degli interventi mirati dell’UE. Vi ricordo che il Next Generation EU (o Recovery Fund) è un pacchetto di aiuti (750 miliardi di euro) pensato per la ripresa dall’emergenza Covid-19, a integrazione degli sforzi nazionali. L’Italia, che sarà il maggiore beneficiario del programma Next Generation EU, dovrà identificare le aree e i progetti più rilevanti per la trasformazione dell’economia domestica, bilanciando le necessità contingenti con una visione di lungo termine. Tramite questo strumento vedremo ulteriori agevolamenti nei comparti degli investimenti, delle riforme strutturali e delle politiche di coesione interna, a beneficio tra le altre delle PMI, spina dorsale dell’economia italiana.
Per coglierle, tuttavia, a molte PMI italiane serve un salto di qualità in termini di cultura aziendale. Per essere ben posizionati nel momento in cui si concretizzerà il rilancio dell’economia ed evitare di perdere competitività, le aziende dovrebbero evitare l’immobilismo e gli orientamenti strategici attendisti e puntare a un “ridisegno” e “ripensamento” dei loro modelli organizzativi.
Puntare sulla digital transformation e gli investimenti tecnologici
Un ulteriore contributo al benessere economico di tutto il Paese può concretizzarsi sfruttando il digitale per conquistare i nuovi mercati emergenti. In questo contesto di difficoltà di movimento di merci, prodotti e persone, diventa cruciale sviluppare una presenza digitale in paesi stranieri con attività di e-commerce e di adesione a marketplace di matching tra offerta di nostre produzioni e domanda dei mercati stranieri.
L’internazionalizzazione
Questo passaggio potrà aiutare le imprese di piccole dimensioni a internazionalizzare le attività e a reggere la concorrenza di aziende molto più grandi e attrezzate; diventa quindi un elemento strategico di successo nel facilitare la ripresa della nostra economia e incidere sul recupero della fiducia delle imprese. Puntare sul tema dell’internazionalizzazione vuol dire valorizzare ulteriormente il nostro Made in Italy. Secondo i dati ICE relativi al 20192, l'Italia deve oltre il 30% del suo PIL alle esportazioni!
Cambio di paradigma
Questo auspicato cambio di passo vale ovviamente anche per le aziende familiari italiane le quali, in un momento di così elevata criticità, possono fare tesoro dei propri valori fondanti e, a partire da questi, realizzare azioni mirate per lo sviluppo e il rilancio, tenendo però a mente che anche il rapporto tra famiglia e impresa familiare deve evolvere di pari passo.
La forte connotazione familiare, come risaputo, del tessuto imprenditoriale è specifica del mercato italiano: secondo l’ultimo Censimento delle Imprese di Istat, quelle familiari rappresentano il 75,2% delle unità produttive italiane con almeno 3 addetti e il 63,7% di quelle con 10 addetti e oltre.
E infine ma non meno importante…
Avere un piano di successione
Molte aziende familiari, sono ancora guidate dalla prima generazione di fondatori, quindi non sorprende che tra queste ci siano ancora delle realtà che non abbiano pianificato e realizzato un piano di continuità generazionale adeguato. In effetti, guardando a una recente survey, solo il 26% delle aziende familiari dichiara di aver un piano di successione formalizzato in atto per la figura apicale.
ll piano di successione è un aspetto fondamentale per il benessere aziendale nel lungo termine.
Per le aziende familiari questo aspetto è tradizionalmente il più sfidante da gestire in quanto coinvolge questioni delicate come la rinuncia del controllo da parte dei fondatori quando potrebbero non essere pronti a farlo oppure quando la generazione successiva potrebbe non essere pronta ad assumerlo. Per moltissime aziende di questo tipo, dunque, a un certo punto, si presenta il tema della continuità da una generazione all’altra. Tale passaggio di testimone, soprattutto in Italia, viene procrastinato come testimonia la presenza di ultrasettantenni al comando, i cosiddetti “perennials” che non ritengono che la generazione successiva sia pronta a sostituirli nei valori familiari e stili di conduzione da loro perpetrati sino a tarda età.
Guardando ai dati ISTAT relativi al Censimento delle Imprese, balza all’occhio quell’ 8,8% delle aziende che dichiara di aver affrontato almeno un passaggio generazionale tra il 2013 e il 2018, solo l’1% di averlo affrontato nel 2019 e poco più di un decimo ha dichiarato di poterlo affrontare entro il 2023. Complessivamente, oltre il 20% delle imprese è interessato a questo fenomeno. La quota di imprese coinvolte è stata maggiore nel caso di unità di più grandi dimensioni (14% circa di medie e grandi imprese). Nel 74,4% delle imprese, inoltre, il passaggio generazionale ha comportato un mantenimento del ruolo della famiglia proprietaria o controllante e, nel 20,2%, un rafforzamento.
Le aziende familiari dovrebbero quindi avere piani diversificati a seconda dello scenario in cui si trovano e quelle che devono affrontare il passaggio post-Covid non possono prescindere da adattarne le modalità di realizzazione, tenendo conto delle nuove prospettive in cui dovranno operare le generazioni future con skills e competenze che non si tramandano.
La Pianificazione Generazionale non è più procrastinabile, anche alla luce della pandemia che si è abbattuta sul nostro sistema economico.
Parliamone.